Come funzionano le concessioni balneari in Italia?

Quando si parla di concessioni balneari, occorre prima di tutto chiarire perché si utilizza la parola “concessioni”. Per capirlo basta citare l’articolo 822 del Codice Civile che recita nella sua prima parte: “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti…”. 

La spiaggia è un bene appartenente allo Stato che è in grado di soddisfare un interesse pubblico, quindi lo Stato, che ne è il proprietario, lo concede ad imprese che possiedono le conoscenze e gli strumenti per permettere ai cittadini di goderne appieno tramite la creazione di attività ristorative, ricreative e turistiche. Ovviamente queste aziende non acquistano la proprietà della spiaggia o del lido, ma una concessione di “sfruttamento”, termine inteso, ovviamente, non nella sua accezione negativa, ma in quella positiva di creazione di servizi che ne accrescono la godibilità.

Una volta chiarito questo punto, la domanda è: il nostro diritto come disciplina le concessioni balneari?

Concessioni balneari: il diritto nel caos

I problemi legati alle concessioni balneari nel nostro paese sono davvero molti e in un territorio come il nostro che ha ben 8.300 Km. di coste, la situazione è piuttosto grave. Di fatto la legislazione italiana in materia è ferma da anni con il sistema del rinnovo automatico delle concessioni balneari ogni anno in favore della stessa impresa concessionaria. 

Il primo problema, quindi, è che le spiagge in Italia sono nelle mani degli stessi imprenditori da anni, senza concedere la possibilità a nessun’altra azienda di richiedere la concessione. 

A complicare la situazione, occorre rilevare che questo sistema è ormai illegittimo dal 2006, con la pubblicazione della Direttiva europea Bolkestein che ha imposto a tutti i paesi dell’Unione di adattare la propria normativa in materia di concessioni balneari che non dovrebbero più essere automatiche, ma rilasciate con gara pubblica tra le imprese interessate. L’Italia ha recepito la normativa solo nel 2010 stabilendo che le nuove concessioni balneari debbano essere rilasciate solo a seguito di selezione pubblica. Ma per le vecchie concessioni? Per il momento per quelle vige ancora il sistema di rinnovo automatico delle concessioni.

Disciplina attuale delle concessioni balneari: quali problemi crea?

La violazione della normativa comunitaria si traduce nella violazione del principio della libera concorrenza. Di fatto il rinnovo automatico delle concessioni si traduce in una concessione di proprietà privata alle aziende che gestiscono le spiagge e questo sistema viola il principio stesso su cui si basa la concessione che riguarda beni demaniali di proprietà dello Stato e per i quali esiste un interesse di godimento da parte dei cittadini.

http://colleviaggi.it/come-fare-per-aprire-uno-stabilimento-balneare/

Questa situazione si traduce inoltre in una forte perdita economica per lo Stato che si trova ad automatizzare concessioni per cifre annuali che a volte sono davvero ridicole, anche se nel 2021 si è proceduto ad un aggiornamento dei canoni di concessione ed è stato stabilito un canone minimo di 2.500,00 Euro annuali. Si tratta di cifre esigue se messe in relazione sia con il profitto che le spiagge italiane generano sia con la possibilità per il concessionario di subconcedere la concessione magari realizzando un reddito più alto. Attualmente la situazione è in stallo perché si attende la decisione del Consiglio di Stato, organo chiamato a giudicare se si possa procedere alla disapplicazione d’ufficio delle proroghe automatiche effettuate in violazione della normativa europea.

Un altro enorme problema deriva dall’ampio numero di concessioni che si traduce di fatto nella carenza di spiagge libere. In Italia il diritto nazionale non stabilisce una proporzione massima tra spiagge in concessione e spiagge libere e demanda la normativa alle singole regioni: l’Italia è oggi l’unico paese europeo che non stabilisce un limite massimo alle concessioni balneari.

Alcune regioni sono intervenute con una legislazione opportuna per stabilire una percentuale massima di spiagge in concessione per i propri arenili, ma molte altre no, creando situazioni abnormi soprattutto in regioni come l’Emilia Romagna e la Liguria che non hanno legiferato in materia e in cui l’arenile in concessione è il 70% del totale.

La situazione europea

La legislazione di altri paesi europei sulle concessioni marittime è molto più rispettosa della normativa europea con situazioni come quella della Grecia, della Francia e della Croazia in cui le concessioni vengono assegnate con gara pubblica per un periodo di tempo massimo di 5 anni in Croazia e di 12 in Francia. Lo stesso avviene in Portogallo che però stabilisce un diritto di prelazione in capo al concessionario uscente.

Situazioni senz’altro migliori in altri paesi a cui la nostra normativa potrebbe ispirarsi per dare origine a un sistema equo in cui il libero accesso alle concessioni potrebbe riflettersi anche in un miglioramento dei servizi nelle nostre spiagge.

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